di Fabrizio Barca, Vittorio Cogliati Dezza, Nunzia De Capite, Marco De Ponte, Elena Granaglia, Francesca Moccia, Salvatore Morelli, Andrea Morniroli, Lorenzo Sacconi*
Come sarà il dopo Covid-19? Ci sarà chi cercherà di tornare “a prima” continuando a raccontare che non c’è alternativa, chi proporrà con forza un modello autoritario, basato su sicurezza e identità. Noi del ForumDD, assieme a molti altri, siamo convinti che un futuro più giusto di prima è possibile. E’ possibile costruire uno sviluppo guidato dalla giustizia sociale e ambientale, se compiamo da subito cinque mosse appropriate, e se ci diamo una strategia fatta di visione e di proposte concrete, che affrontino le disuguaglianze rese eclatanti dalla crisi, accrescano l’accesso alla conoscenza e riequilibrino i poteri.
Lo shock prodotto dal Covid-19 è violento e fonte di “incertezza radicale”; qualunque sistema ne sarebbe stato colpito. Ma altrettanto evidenti sono le disuguaglianze, le ingiustizie e le scelte politiche infauste che ha fatto emergere. Dovranno essere rigorosamente investigate le cause dell’avvio stesso della pandemia. Certe sono le fragilità e le gravi disuguaglianze economiche e nella qualità dei servizi fondamentali, personali e territoriali, che ne hanno amplificato la diffusione e gli effetti sanitari, economici e sociali. Provocando effetti profondamente asimmetrici.
Si tratta di fragilità globali e del nostro paese. Ovunque: assoluta impreparazione alla pandemia, connessa a un’esasperata privatizzazione della conoscenza; fallimento della cooperazione politica internazionale e del principio di solidarietà che sorregge l’Unione Europea; straordinaria diffusione del lavoro precario e irregolare, attivamente promossa da scelte politiche, per cui ogni crisi si riflette immediatamente sul lavoro; forti disuguaglianze territoriali, dalla copertura digitale, alla scuola, alla cura della salute; elevata quota di popolazione senza margini di risparmio per reggere anche poche settimane. In Italia: un sistema polarizzato di piccole e medie imprese, con una larga parte che sopravvive compensando la bassa produttività con salari bassi o irregolarità, e che non ha margini per reagire; disinvestimento nella sanità e in particolare in presidi territoriali che combinino salute e welfare locale; pubbliche amministrazioni arretrate e inefficaci, con una grave condizione di quelle centrali.
Noi ForumDD, alleanza di organizzazioni di cittadinanza e ricerca, abbiamo analizzato queste e altre disuguaglianze prima della pandemia. Non le scopriamo ora in preda all’emozione. Abbiamo individuato proposte per affrontarle e per cambiare rotta. È urgente farlo, indirizzando i cambiamenti avviati dalla crisi. Ma non è la sola opzione possibile: ce ne sono altre, rischiose per il futuro, ed è bene averlo chiaro.
L’istintiva, ragionevole pulsione verso il “prima” sarà utilizzata da chi pensa e ripete da tempo che “non esiste alternativa”, per riproporci la realtà da cui veniamo come se fosse la massima aspirazione possibile; una realtà “digitalizzata”, si intende, ma governata dagli stessi principi e dalle stesse leve dell’ultimo quarantennio. “Normalità e progresso” possiamo definire questa opzione, in cui l’intenso ricorso ai pubblici servizi e al sostegno pubblico di persone e imprese viene ridotto a un’azione emergenziale che nulla ci insegna sul dopo. D’altro canto, l’incertezza e l’ansia, i gravi errori dell’Unione Europea, il ritardo nel dare tutela economica e sociale ai cittadini più deboli saranno strumentalizzati per dare nuova forza alla dinamica autoritaria incentrata su “sicurezza e identità”: traducendo il ruolo rinnovato del pubblico nella proposta di uno “Stato accentrato”, che prenda decisioni senza confronto, controlli e sanzioni i comportamenti “difformi”, impedisca contaminazioni ed elevi barriere a difesa di comunità chiuse, anche a costo di ridurre le libertà.
E poi, appunto, c’è la possibilità a cui aspiriamo: orientare il cambiamento che lo shock ha avviato per puntare a “un futuro più giusto di prima”, fatto di maggiore giustizia sociale e ambientale. È un’opzione che può trovare radici nei segni positivi di queste difficili settimane: azioni di solidarietà all’interno delle comunità territoriali e a livello nazionale; forme di auto-organizzazione e mutualismo; visibilità pubblica dei lavoratori e delle lavoratrici “essenziali”; emersione nelle nostre preferenze di “ciò che davvero vogliamo”; impegno delle organizzazioni di cittadinanza attiva per affiancare i più vulnerabili e propugnare idee; creatività imprenditoriale. A partire da qui, si può costruire un’uscita dalla crisi che miri a lavori stabili e di qualità, a una libera circolazione della conoscenza, a filiere energetiche e alimentari pulite e di prossimità, al rilancio del sistema delle PMI sulla base dell’innovazione, ad abitazioni dignitose e sicure, a servizi fondamentali a misura dei luoghi, a un riequilibrio nel rapporto fra i generi, a una vita in sintonia con l’ecosistema.
Sono obiettivi alla nostra portata. Non si creda o si faccia credere il contrario. Certo, per andare in questa direzione è necessario che la visione sia accompagnata da proposte concrete, capaci di rispondere a domande diverse e di incidere nei processi di formazione, non solo di redistribuzione, della ricchezza. Ed è poi necessario che queste proposte siano sostenute da una mobilitazione sociale robusta, visto che il cambio di rotta ha molti avversari: lo stato delle cose in cui il virus è esploso era sì ingiusto per moltissimi, ma era conveniente per molti altri, che resisteranno al cambiamento. Ecco perché è importante che già in queste settimane il confronto sul “dopo” sia informato, acceso e aperto. Noi del ForumDD lo vogliamo alimentare con proposte concrete. Ne anticipiamo il senso in questo “promemoria”.
Partiamo da una mappa dei cambiamenti e delle tendenze, di segno diverso, che la crisi già pare generare e che potranno influenzare il futuro. In estrema sintesi: una minore circolazione di persone e beni (non dei capitali) e l’interruzione di catene internazionali del valore, con riflessi territoriali assai differenziati; minacce diffuse per il nostro sistema produttivo, con forti divari territoriali; accelerazione e permanenza del ricorso a piattaforme digitali in sostituzione di mobilità e contiguità fisica; maggiore potere e capacità di disintermediazione e re-intermediazione da parte delle mega-imprese digitali; modifica delle preferenze di consumo e aumento del bisogno e della domanda interna di servizi fondamentali e di prodotti di prossimità, con nuove opportunità imprenditoriali. A questi fenomeni corrisponderà sul piano macroeconomico una distruzione di capitale produttivo e umano e un ridimensionamento “permanente” del PIL, la cui distribuzione dipenderà dalle scelte politiche; come da queste scelte dipenderà chi pagherà per la maggiore spesa pubblica e/o come verrà assorbito il maggiore debito pubblico. E poi è davanti a noi una crescente tensione a livello europeo, che ha in gioco la stessa sopravvivenza dell’Unione.
Di fronte a queste tendenze e all’incertezza sistemica in cui siamo, è compito dell’azione pubblica fornire certezze e farlo da subito.
Nel breve periodo sono cinque le priorità, che segneranno già il medio-lungo termine:
- una protezione sociale che non escluda nessuno, sviluppando la tutela del lavoro autonomo prevista nel Decreto del Governo e tutelando subito i 6-7 milioni di lavoratrici e lavoratori, precari e informali, ancora scoperti, come proposto da ForumDD e ASviS; un’assoluta urgenza, sociale e di giustizia, e un’occasione per avvicinare il lavoro informale a percorsi di emancipazione e a nuovi, buoni lavori;
- l’avvio di un sistema di prestiti garantiti alle imprese e di ampliamento del loro capitale sociale (via CDP), che premi scelte sociali e ambientali appropriate e favorisca il rinnovamento manageriale;
- il sostegno finanziario alle organizzazioni di cittadinanza nel loro compito moltiplicato;
- un migliore flusso di informazioni su contagio e letalità, necessario per ogni programmazione;
- l’avvio di un piano di ripresa delle attività animato da un confronto lavoro-impresa-cittadini-istituzioni, territorio per territorio, e da forti investimenti nei sistemi di sicurezza e di ispezione.
A seguire vengono le scelte per costruire il “dopo”. Noi del ForumDD vediamo cinque linee strategiche, dove usare le proposte già pronte e raccoglierne altre, che vengono dalle energie collettive del paese. E, si guardi bene, non si tratta dei soliti piani di spesa pubblica disegnati a tavolino, ma di riequilibrare poteri e organizzazioni, di cambiare radicalmente “come” si fanno le cose e “come” si usano i poteri e denari pubblici.
I. Mettere conoscenza e trasformazione digitale al servizio della giustizia sociale e ambientale, attraverso,
A livello di Unione Europea:
- Missioni strategiche che guidino gli interventi diretti e il coordinamento delle politiche nazionali realizzato dal Semestre europeo, da riorientare a obiettivi sociali e ambientali.
- Creazione di tre “Imprese pubbliche Europee” nella Salute e Invecchiamento, Transizione Energetica e Digitale, muovendo dalle 1000 infrastrutture pubbliche di ricerca europee.
- Impegno per un riequilibrio nel Trattato TRIPs a favore del libero accesso alla conoscenza.
A livello nazionale, puntare su quattro casematte pubbliche a elevato potenziale, dove realizzare un forte investimento finanziario e organizzativo:
- Imprese pubbliche nazionali, che, specie nei campi energetico, digitale e della mobilità, hanno un forte potenziale da liberare: una carta anche per trascinare il sistema delle PMI, soprattutto nella direzione di “produzioni verdi”, dove l’Italia ha un vantaggio comparato.
- Università, di cui è possibile subito valorizzare l’impatto sociale su: accesso allo studio, trasferimento di conoscenze alle PMI, cultura della popolazione, formazione PA, etc.
- Scuola, presidio in questi giorni dell’angoscia di ragazze/i nel Nord e di situazioni di povertà nel Sud, da animare con un possente programma di contrasto della povertà educativa.
- Piattaforme digitali collettive, nazionali e locali, che assicurino un governo verificabile e democratico dei dati e degli algoritmi di apprendimento automatico al fine di servizi fondamentali e indirizzino l’accelerazione del cambiamento tecnologico prodotta dalla crisi.
II. Orientare e sostenere servizi fondamentali, nuove attività e buoni lavori, prima di tutto nei territori marginalizzati. Si tratta di prendere di petto e ridurre i profondi divari territoriali nell’offerta di servizi fondamentali. E, assieme, di promuovere buona impresa, cogliendo e rendendo paganti i bisogni che emergono con la crisi e rimuovendo gli ostacoli all’offerta che li soddisfi, con particolare riguardo a: attività agro-silvo-pastorali, salute, welfare, energia, abitazione, logistica, cultura, turismo e ristorazione, sicurezza, spazi collettivi di socializzazione. Un’opportunità importante per PMI, microimprese e imprese sociali. Per farlo occorre abbandonare le politiche infrastrutturali, di servizio e di sviluppo fondate sulla logica dei “bandi di progetto”, per una politica rivolta-ai-luoghi, fondata su forti linee-guida nazionali e strategie territoriale partecipate in aree coese e dotate di adeguate tecnostrutture. Una simile strategia è indispensabile nelle aree marginalizzate: aree interne (dove va rilanciato subito, per davvero, ciò che è già in corso), periferie urbane, campagne deindustrializzate, comuni fiaccati dalla crisi.
III. Dignità, tutela e partecipazione strategica del lavoro, in un nuovo patto con le imprese. Il rilancio su basi nuove dei territori e delle imprese richiede che alla riscoperta, in queste settimane, della centralità del lavoro corrisponda un investimento nella sua dignità e nella sua tutela e una sua partecipazione strategica alle scelte, della cui necessità il paese era divenuto consapevole già prima. A livello di Unione Europea,
- Dare corpo al “European Pillar of Social Rights”, rimasto sinora vuota enunciazione, avviando un percorso che assicuri in ogni Stato UE che tutte le lavoratrici e i lavoratori godano di assicurazione e previdenza sociale, e avviando una concertata, profonda revisione delle normative del lavoro, responsabili di avere trasformato l’aspirazione alla flessibilità nell’offerta del proprio lavoro nella sistematica e generalizzata diffusione del lavoro precario.
A livello nazionale,
- Attuare l’impegno dell’attuale governo a introdurre assieme: salario minimo, validità erga-omnes dei contratti firmati dai sindacati più rappresentativi, rafforzamento delle ispezioni.
- Ricorrere diffusamente ai Workers Buyout come strumento di uscita dalla crisi per le PMI.
- Sperimentare in medie e grandi imprese governance statutarie innovative che, come il Consiglio del Lavoro e Cittadinanza proposto dal ForumDD, diano vita a un luogo di confronto con gli interessi del lavoro (ricomponendone la filiera) e ambientali.
- Progettare una revisione del sistema di protezione sociale del lavoro, che tuteli tutti in condizioni ordinarie e di shock imprevisti, e tornare a confrontarsi, con un franco e informato dibattito nazionale e europeo, sull’ipotesi di un “reddito di base universale e incondizionato”.
IV. Accrescere la libertà dei giovani nel costruirsi un percorso di vita e contribuire al futuro del paese. Già prima della crisi, l’Italia era nel pieno di una crisi generazionale profonda. Covid-19 aggrava questa crisi in termini di incertezza futura, ma al tempo stesso ha proprio nei giovani la forza maggiore di reazione. Per cogliere questa opportunità, essi devono avere competenze, autonomia finanziaria e potere. Ne derivano tre linee di azione, urgenti:
- Un più forte ruolo di scuola e università in un piano contro la povertà educativa.
- Un’eredità universale ai diciottenni, incondizionata e accompagnata da servizi abilitanti dall’adolescenza, come proposto dal ForumDD seguendo un’idea di Anthony Atkinson.
- Un rinnovamento consapevole e deciso dei gruppi dirigenti amministrativi e politici.
V. Qualità e metodo delle Amministrazioni Pubbliche: si cambi, nei fatti. È la condizione affinché gli altri obiettivi siano conseguiti. Al tempo stesso, è solo l’esistenza di quegli obiettivi a rendere possibile il cambiamento, dando a funzionari e dirigenti la “missione pubblica” per scrollarsi di dosso la sfiducia e compiere un salto di qualità. Non servono, dunque, nuove, inopportune Grandi Riforme, ma interventi operativi radicali. A partire da:
- reclutamento dei 500mila giovani già previsti per il ricambio demografico, da realizzare a misura delle competenze disciplinari e organizzative richieste dagli obiettivi,
- cura del loro inserimento con forme di mentoring/shadowing da parte degli anziani migliori,
- congelamento e poi revisione delle norme che disincentivano oggi la discrezionalità dei pubblici dipendenti, accompagnati da una rigorosa valutazione delle competenze organizzative come strumento di promozione del lavoro individuale e collettivo,
- rafforzamento della valutazione dei risultati come strumento di monitoraggio civico,
- adozione di pratiche amministrative che includano in modo sistematico la partecipazione dei cittadini ai sensi dell’articolo 118 della Costituzione,
- utilizzo del digitale per realizzare modifiche organizzative che responsabilizzino i dipendenti e migliorino il flusso operativo delle attività (ne esistono esempi).
Discuteremo di questo Schema concettuale e operativo il 22 aprile in un’Assemblea dei membri e dei partner di progetto del ForumDD. E torneremo a porlo all’attenzione delle Autorità e a offrirlo al pubblico confronto attraverso un Documento dettagliato. Ma intanto questo Promemoria propone l’ossatura di una strategia possibile. Per non essere imbottigliati in un meccanismo unico, che tutto cambi per non cambiare nulla. Per non precipitare in un’oscura e disperata dinamica autoritaria. Per non soccombere al pericoloso incontro di questi due progetti.
In una crisi così grave, i parametri del possibile non sono più gli stessi. L’Italia ha le risorse umane, le competenze, le pratiche, la passione sociale e civile per prendere in mano il cambiamento.