Il modello di ricerca europeo, basato sull’open source, è costituito da circa 300 Infrastrutture pubbliche di ricerca (e circa 700 più piccole) caratterizzate da un bilancio autonomo finanziato da coalizioni di paesi, obiettivi e priorità di lungo termine selezionati dalla comunità scientifica, gestione complessa e autonoma delle risorse e della loro allocazione, accesso gratuito ai risultati. Sono istituzioni senza scopo di lucro, efficienti ed efficaci. Ma la scienza aperta che producono viene privatizzata da imprese che acquisiscono posizioni di monopolio. La creazione di tre poli tecnologici europei, pubblici o misti pubblico-privato, che discendano da queste infrastrutture e possano competere sul mercato con società private in settori quali la transizione energetica, l’invecchiamento e la salute e l’economia digitale potrebbe rimescolare le carte. Queste istituzioni dovrebbero avere chiare missioni strategiche: operare sul mercato e al tempo stesso perseguire obiettivi rilevanti per la giustizia sociale e ambientale come garantire che la transizione energetica sia adeguata alle esigenze delle persone più vulnerabili; frenare le posizioni monopolistiche che innalzano i costi dei medicinali; costruire piattaforme digitali collettive e garantire il controllo dei cittadini.
La proposta è stata avanzata a partire da un paper di Massimo Florio, Professore all’Università Statale di Milano che cura la proposta insieme a Fabrizio Barca ed Eugenio Coccia.