Il tema centrale del mio recente libro “La privatizzazione della conoscenza. Tre proposte contro i nuovi oligopoli” (Laterza 2021), cui qui attingo, è una constatazione: le politiche di sostegno a università, infrastrutture di ricerca, R&S delle imprese, hanno contribuito alla diseguaglianza attraverso la trasformazione della conoscenza in capitale.
Vediamo alcuni meccanismi di questa appropriazione e perché si tratta di processi che presuppongono sempre delle istituzioni e delle politiche, non sono spontanei equilibri di mercato.
Un primo meccanismo riguarda la legislazione sulla proprietà intellettuale, che stabilisce un monopolio legale sulle sfruttamento economico delle invenzioni, ad esempio tipicamente per venti anni. La finalità dichiarata è quella di tutelare l’inventore. Si ritiene che altrimenti non vi sarebbero incentivi adeguati all’innovazione. E’ una lettura superata della produzione di innovazioni.
Una domanda di brevetto dovrebbe citare eventuali precedenti brevetti su cui l’invenzione si basa, nonché la letteratura scientifica pregressa. Ma queste citazioni hanno un significato limitato nell’epoca storica della produzione di conoscenza su larga scala. La letteratura su una patologia e terapia consiste spesso in migliaia di articoli reperibili nelle banche dati (ad es. PUBMED). Le famiglie di brevetti connessi ad una innovazione significativa possono essere a loro volta migliaia. Il brevetto stabilisce una recinzione legale e crea una rendita, ma di fatto in modo arbitrario stabilisce un rapporto di proprietà intellettuale privata su potenziali innovazioni che hanno molti ascendenti.
Una bella analogia è quella che ho recentemente sentito in un dibattito (“Inventario del Possibile”, Modena, 7 Novembre 2021): è come se in una gara di staffetta la medaglia venisse data solo all’ultimo atleta. Solo che qui la medaglia può essere miliardaria. Il patrimonio personale dell’amministratore delegato e azionista di Moderna (USA), un manager, non uno scienziato, è balzato a cinque miliardi di dollari (Forbes). Eppure Moderna non aveva ricevuto nessuna autorizzazione per un farmaco prima di ottenere sia enormi finanziamenti dal programma Operation Warp Speed gestito dall’agenza pubblica BARDA, sia licenze per tecnologie chiave ideate nei National Institutes of Health (ministero della salute USA), ed infine il pre-acquisto a scatola chiusa del suo vaccino prima ancora che fosse autorizzato.
Un secondo meccanismo è quello delle forniture ad alta intensità tecnologica per il settore pubblico, che sono al cuore del complesso militare-industriale statunitense. I contribuenti hanno finanziato l’innovazione tramite le… Continua a leggere su eticaeconomia
Massimo Florio – Menabò n. 160/2021
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