Il decreto Caivano punta sulla militarizzazione delle periferie e non sulla loro sicurezza sociale, economica e ambientale. Sta accadendo anche nella borgata romana del Quarticciolo. Per invitare tutti e tutte a partecipare alla manifestazione per le strade del quartiere in programma per il 1 marzo 2025 alle ore 17, il Forum Disuguaglianze e Diversità pubblica un’intervista a Pietro Vicari, attivista del comitato Quarticciolo Ribelle
Dopo aver partecipato all’assemblea del 18 gennaio per manifestare solidarietà e appoggio alle realtà attive nella borgata romana del Quarticciolo, dove la ricetta securitaria del decreto Caivano rischia di cancellare le esperienze sociali che da più di dieci anni si sono organizzate per rispondere a bisogni e aspirazioni di cittadini e cittadine sempre più marginalizzate dall’assenza di politiche pubbliche e abbandonate alla criminalità, il Forum Disuguaglianze e Diversità propone un approfondimento intervistando Pietro Vicari, attivista del comitato Quarticciolo Ribelle, e invita tutti e tutte a partecipare alla manifestazione per le strade del quartiere in programma per il 1 marzo 2025 alle ore 17, con concentramento in piazza del Quarticciolo.
Martedì 25 febbraio 2025 come documentato sulla pagina Instagram di Quarticciolo ribelle, 400 uomini delle forze dell’ordine con elicottero e mezzi pesanti si sono presentati in quartiere per un’operazione interforze. Insieme alle perquisizioni in cerca di armi e droga hanno eseguito 2 dei 20 sfratti che sembrano essere in programma. Cosa racconta questa operazione?
Questa operazione, in larga parte, anticipa i temi che questa breve intervista affronta: un approccio militare a tutte le forme di illegalità presenti nel quartiere. Nella indistinzione tra la vendita di eroina e la condizione di necessità che porta famiglie con minori a vivere in un alloggio pur non avendone titolo sotto attacco finiscono le realtà sociali che si oppongono a questo tipo di intervento definite né più né meno “collaterali” alla criminalità organizzata.
Voi invece in questi anni avete avviato molte attività ‘originali’ (palestra, ambulatorio, mercato, doposcuola,…). Perché vi siete impegnati su queste attività e qual è stato ed è il vostro intento?
A Quarticciolo esiste una rete di realtà, formalizzata nel Polo Civico Quarticciolo, che negli ultimi dieci anni ha cercato di tenere insieme la concretezza di esperienze quotidiane di relazione con gli e le abitanti della borgata e la necessità di dare voce alle istanze di cambiamento e rivendicazione in una delle zone di Roma in cui le condizioni di vita sono più dure. Nella borgata, che conta circa 4mila anime tra le quali i laureati e le laureate non raggiungono il 10%, tutti gli anfratti disponibili sono stati trasformati in case: cantine, negozi, sottoscala. La criminalità organizzata fornisce con lo spaccio di droga la principale fonte di reddito e gli spazi pubblici sono spesso occupati militarmente dalle piazze di spaccio.
È in questo contesto che a partire dal 2015 è nata una palestra popolare di pugilato, aperta ogni giorno e fruibile da chiunque al di là delle disponibilità economiche. La boxe ha consentito di entrare nelle vite degli e delle abitanti di Quarticciolo in “punta dei piedi”, avendo un riscontro quotidiano delle loro abitudini alimentari, dell’assiduità nel rispettare gli impegni, nella tranquillità del sonno e della vita domestica, senza bisogno di porre domande invasive. Senza che potesse mai trasparire un giudizio. A partire da questa intimità e da questo ascolto sono nate esperienze che si prendono cura delle varie esigenze emerse: un doposcuola popolare per combattere la dispersione scolastica, un ambulatorio per colmare almeno in parte il gap tra l’erogazione dei servizi sanitari e le necessità di chi ha meno mezzi, un comitato di quartiere per fare pressione e advocacy sulle amministrazioni.
Negli ultimi anni il tema della pervasività della presenza della criminalità organizzata e contemporaneamente dell’abbandono dei locali commerciali del quartiere ha sollecitato la sperimentazione di percorsi per lo sviluppo economico: la creazione di una comunità energetica che quest’anno installerà il primo impianto fotovoltaico, un laboratorio per la produzione di birra e fermentati, un progetto di imprenditorialità femminile nel settore della ristorazione che coinvolge dodici donne che pur lavorando non raggiungono i 1000 euro di stipendio, una micro stamperia, un piccolo making lab.
L’obiettivo è quello di invertire il trend per cui chi vive il quartiere smette di arricchire le proprie competenze mentre chi continua a formarsi smette di vivere il quartiere, magari continuando a dormirci, ma senza frequentarlo attivamente. Allo stesso tempo, per trasformare radicalmente Quarticciolo è evidente che bisogna rompere l’egemonia economica esercitata dallo spaccio di droga e presidiare lo spazio pubblico riaprendo i piani terra e le serrande agli usi per cui erano stati immaginati.
In questo lavoro la palestra, il comitato, l’ambulatorio e tutto il polo civico hanno potuto contare sull’aiuto e il sostegno di tantissime persone e realtà. Da palestre “gemelle” nelle favelas brasiliane alla Fondazione Charlemagne, all’otto per mille della Chiesa Valdese, alle realtà politiche e sindacali.
Tra le tante e i tanti, una menzione obbligatoria è da riservare al Laboratorio di studi urbani dell’università la Sapienza. Da anni lavora sotto traccia per tradurre le confuse questioni che emergono nei dieci lotti del Quarticciolo in precise proposte di policy, al loro impegno è in particolare dovuta l’estensione di un piano di quartiere che traccia gli interventi, materiali e immateriali, necessari perché Quarticciolo non sia più un quartiere di serie B.
Il decreto Caivano spazzerà via anche tutte le realtà che in questi anni hanno contrastato sul campo e con pochi mezzi la povertà e la diffusione della droga (ben descritta in un articolo su Jacobin Italia). Come si sta organizzando da mesi il quartiere per resistere a tutto questo?
Il Polo Civico Quarticciolo sta promuovendo una campagna di sensibilizzazione e mobilitazione per impedire che il decreto Caivano diventi l’occasione per affrontare militarmente il tema dell’emergenza abitativa e di cancellare le esperienze sociali cresciute in questi anni.
In una logica cieca, per cui tutto ciò che non è legale va militarmente annichilito, l’intervento del governo si propone di sgomberare le famiglie che abitano in alloggi di fortuna e nel palazzo dell’ex questura abbandonata dal 1991 e di chiudere il doposcuola di quartiere e i laboratori di sperimentazione produttiva. Per questo già nelle ore immediatamente successive all’approvazione del decreto si è diffusa la preoccupazione tra gli e le abitanti che ha portato a un’attivazione trasversale della parrocchia, dei due centri anziani, delle insegnanti delle scuole medie, delle educatrici e delle operatrici della biblioteca e del teatro comunale. L’idea che a “pagare” sia chi già paga un prezzo altissimo per la presenza della criminalità organizzata ha spinto le realtà del quartiere ad aprirsi alla città e a chiedere di convergere nella borgata. Il prossimo 1 marzo in particolare è previsto un corteo da piazza del Quarticciolo e in questi due mesi sono state decine le realtà che hanno animato iniziative e proposto attività. Un processo eterogeneo e prezioso da contrapporre a chi annulla le differenze tra lo spaccio di eroina e lo sportello di aiuto compiti.
La vostra (e nostra) nozione di sicurezza è distante da quella del governo. Secondo la tua esperienza, cosa significa per un abitante del Quarticciolo oggi sentirsi sicuro?
È una domanda difficile a cui rispondere, perché oggi a Quarticciolo per gli e le abitanti la sicurezza è un miraggio. Siamo esposti alla prepotenze delle piazze di spaccio, alla nevrosi dei consumatori di crack, all’arbitrio di chi ci governa. Si può perdere casa o vedersi bruciare la macchina senza alcuna precedente avvisaglia. Perché si abita o si parcheggia nel posto sbagliato. È successo il 5 dicembre quando tre famiglie sono state sfrattate nel II lotto: per una delle persone sfrattate il ministro Piantedosi scrisse su Twitter che la motivazione era un’inchiesta per spaccio, le altre invece non erano regolari e stavano nella stessa scala. Considerando che, secondo ATER, a Quarticciolo sono oltre 600 su 2000 le famiglie a non avere tutto in regola, vuol dire l’arbitrio più assoluto. Allo stesso modo, lo scorso 21 novembre le piazze di spaccio hanno inscenato uno scontro interno. Risultato: macchine bruciate ai rivali. Ai rivali e a quelli che gli avevano parcheggiato inavvertitamente vicino: la famiglia di un autista dell’ATAC e una donna che vive facendo le pulizie.
Cerchiamo comunque di non evadere completamente la domanda: il governo propone un’idea sicurezza individuale che si limita all’inviolabilità della proprietà. Tutto quello che succede al di là di questa sfera non solo non viene considerato ma nella comunicazione mediatica viene addirittura additato come un ostacolo all’ottenimento della sicurezza.
Noi facciamo esperienza quotidiana di come l’insicurezza sia il risultato di fenomeni assai diversi. Concorrono alla situazione che si vive a Quarticciolo l’erosione dei servizi pubblici, la quota crescente di persone che pur lavorando vivono in povertà, la diffusione di una sostanza come il crack, la crescita ipertrofica dei guadagni generati dal narcotraffico. Solo per citare i primi fattori che ci vengono in mente. Lo spaccio al dettaglio, gli scippi e i furti sono solo gli aspetti più evidenti del problema. Per questo la sicurezza è un fatto collettivo, perché abbiamo bisogno di chiudere le piazze di spaccio il prima possibile ma per farlo veramente abbiamo bisogno che le persone non le vedano come unica possibilità per pagarsi delle cure specialistiche, per poter portare la famiglia in campeggio una settimana l’estate o per far assistere un parente non autosufficiente.