Marco De Ponte guida da oltre vent’anni ActionAid, come se- gretario generale in Italia e responsabile internazionale per il co- ordinamento europeo, gli investimenti e le alleanze in Asia, Africa e Americhe. In precedenza, ha lavorato al Segretariato internazio- nale di Amnesty International, nei Balcani con InterSos, oltre che per l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, e in vari istituti di formazione. È membro del consiglio di diverse organizzazioni civiche e reti sia a livello internazionale che nazio- nale, tra cui il Forum Disuguaglianze e Diversità, l’Alleanza con- tro la Povertà, l’Agenzia Italiana Risposta alle Emergenze e altre.
Migrazioni.
Ribaltare il senso comune
Marco De Ponte
I numeri del fenomeno migratorio in Europa mettono in discussione la retorica diffusa dell’invasione e mostrano come il percorso delle persone migranti non termina in alcun modo al momento dell’ingresso nel territorio europeo, o con il rimpatrio, ma dura mesi, o anche anni, a seconda delle politiche di prima “accoglienza” messe in campo dai diversi Stati membri, molto eterogenee tra loro. Ridurre i gravi limiti delle politiche migratorie europee è possibile e per farlo possono essere adottate una serie di misure concrete: rafforzamento del finanziamento per le politiche migratorie su scala europea; potenziamento di processi decentrati di adattamento basati sulle partnership tra istituzioni centrali e locali e organizzazioni della società civile; incremento e diversificazione delle vie legali di accesso; introduzione di meccanismi forti di monitoraggio. Affinché simili misure diventino realtà, è essenziale il ribaltamento della narrazione pubblica prevalente, oggi costruita sulle categorie dell’emergenza e del pericolo. Anche la strategia spesso banalmente definita “aiutiamoli a casa loro”, che nella pratica si limita oggi a fornire denaro ai sistemi di sicurezza e polizia a Stati extraeuropei al fine di impedire i flussi, dovrebbe decisamente cambiare e favorire la crescita dell’economia locale, coinvolgendo le stesse persone migranti di ritorno e, in generale, gli attori economici territoriali per pianificare una vera strategia di indipendenza economica dei paesi da cui partono i flussi migratori.
Statistics regarding the migration phenomenon in Europe challenge the widespread rhetoric that it is being “invaded”. They show, rather, how the journeys migrants undertake do not come to an end when they enter European territory — or when they are repatriated — but, rather, last for months, or even years, depending on the first-reception policies put in place by different member states, which are extremely heterogeneous. Making improvements on the serious limitations of European migration policies is possible, and a number of concrete measures can be taken to do so. These include strengthening funding for migration policies on a European scale; enhancing decentralized adaptation processes based on partnerships between central and local institutions and civil society organizations; increasing and diversifying legal avenues of access; and introducing strong monitoring mechanisms. For such measures to become reality, however, it is essential to upend the prevailing public narrative, today built on categories of emergency and danger. The strategy often trivially referred to as “let’s help them back in their own homes,” — in practice today limited to providing money for security and police systems in states outside the EU borders in order to prevent migration flows — requires a decisive change in direction. This would involve encouraging growth in local economies and involving returning migrants together with other territorial economic actors in planning and implementing a real strategy that aims to reinforce the economic independence of the countries that migrants emigrate from.