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Di fronte a noi sta l’ennesima biforcazione della storia: da una parte uno scenario di regressione sociale, dall’altra uno scenario di emancipazione sociale. La strada che imboccheremo dipende in gran parte da come allocheremo il controllo della conoscenza. È stato sempre così e oggi è ancora più vero, per via del procedere tumultuoso della tecnologia dell’informazione; con straordinari incrementi nella capacità di raccogliere, accumulare, elaborare, trasmettere e utilizzare informazioni al fine di produrre, selezionare, decidere, combinare domanda e offerta e indirizzare messaggi mirati. Ma chi avrà il controllo di tutto ciò? Chi deciderà quali problemi deve risolvere l’intelligenza artificiale? Chi potrà approvvigionarsi al patrimonio di conoscenza che cresce esponenzialmente? Chi ne trarrà benefici?
È tempo di riprendere il governo del cambiamento tecnologico in un modo coerente con i principi della democrazia e della giustizia sociale. Non è facile, perché molta cattiva strada è stata fatta. L’arroganza anche personale dei grandi capitani dell’industria digitale nei confronti delle istituzioni democratiche ne è solo un segno plateale.
Questa parte del Rapporto ha raccolto molti altri segni di questa cattiva strada. Ma siamo convinti, come molti altri, che si possa ancora invertire la rotta, e che le cose da fare siano suggerite dai tanti esperimenti già all’opera. È tuttavia necessario che l’alternativa assuma carattere sistemico, attraverso diffuse azioni collettive e politiche pubbliche. Ecco perché uno dei tre obiettivi generali delle nostre proposte consiste proprio nell’indirizzare il cambiamento tecnologico alla giustizia sociale, in particolare migliorando il benessere dei più deboli, ultimi, penultimi e vulnerabili.
Negli ultimi trent’anni il lavoro ha perso ruolo e potere. Le retribuzioni sono cresciute meno della produttività. La quota dei redditi da lavoro sul reddito totale è diminuita progressivamente. Le retribuzioni delle donne restano più basse, a parità di lavoro. È cresciuta in modo esponenziale la polarizzazione fra i lavori, in termini di qualità, remunerazione e stabilità, colpendo in modo particolare i giovani. Per vaste fasce deboli (giovani, lavoratori e lavoratrici espulsi dal processo produttivo, migranti) remunerazione, condizioni orarie e garanzie sono al di sotto di una soglia di dignità. Nel complesso, siamo di fronte a uno scenario di estrema gravità, anche perché il lavoro influenza profondamente tutte le dimensioni della vita umana.
La minore capacità del lavoro di contare, il suo minore potere negoziale e di partecipazione, è una delle tre grandi cause dell’attuale ingiustizia sociale. La riduzione del potere del lavoro è anche frutto di politiche che hanno attivamente perseguito l’indebolimento dei sindacati.
A un riequilibrio dei poteri concorrono gli interventi sui meccanismi del cambiamento tecnologico (Parte I) e la proposta avanzata nella parte terza. Ma non basta. È necessario anche intervenire direttamente con strumenti che diano al lavoro più potere nella negoziazione delle proprie condizioni monetarie e non-monetarie di lavoro, e più potere di contare sulle decisioni organizzative e strategiche aziendali.
Il ForumDD ritiene che le forti e crescenti disuguaglianze di ricchezza debbano essere affrontate intervenendo direttamente sui meccanismi di formazione della ricchezza – prima di tutto cambiamento tecnologico e potere del lavoro – e avanza molte proposte coerenti con questo assunto. Ma c’è un aspetto importante nel processo di riproduzione delle disuguaglianze di ricchezza che richiede un intervento redistributivo: il passaggio generazionale, il trasferimento da una generazione a quella successiva del divario di ricchezza. Da sempre nella storia, e da parte di culture diverse, si è avvertito che in questo passaggio fosse giusto rimescolare le carte, per livellare le opportunità, ovvero perché nelle opportunità di vita dei figli e delle figlie pesi un po’ più il loro merito e un po’ meno quello dei propri genitori. Ma nell’ultimo trentennio, nel contesto di un generale cambiamento del senso comune, questa sensibilità si è indebolita, concorrendo all’aumento delle disuguaglianze di ricchezza. Noi pensiamo che anche su questo piano si debba e si possa invertire marcia, con urgenza.
Poche pagine per farsi un’idea di tutto il Rapporto “15 Proposte per la giustizia sociale”.
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