A Roma presenti molte esperienze di innovazione sociale realizzate attraverso orti e giardini condivisi, che esprimono potenzialità diverse fra cui la mitigazione delle ingiustizie spaziali e ambientali, la promozione del senso di comunità, lo stimolo alla coesione sociale, la sperimentazione di modelli innovativi di produzione e gestione dello spazio pubblico e di reti alternative di produzione e commercio alimentare, il rafforzamento degli ecosistemi urbani e della biodiversità urbana e la lotta al cambiamento climatico.
Nelle città le diseguaglianze, l’impoverimento, la marginalizzazione, la disgregazione e l’esclusione generano ingiustizia sociale e spaziale, ma anche opportunità di sperimentare modelli di aggregazione e riconoscimento nello spazio pubblico e gestione collettiva dei beni comuni. Il denominatore comune di queste nuove pratiche di innovazione sociale, ampiamente documentate ormai in tutta Europa, è dato dall’informalità dei processi che li supportano, guidata, tuttavia, da una visione e una progettualità condivisa. Il giardinaggio urbano rappresenta in maniera esemplare tali attività. Da semplice pratica “green” assume una dimensione politica perché capace di esprimere forme di contrasto e resistenza all’ingiustizia sociale diffusa e all’impoverimento dell’ambiente. Pur presentandosi come azione pratica e popolare è in grado di creare comunità, stimolare la coesione sociale, sperimentare modelli innovativi di produzione e gestione dello spazio pubblico, oltre a reti alternative di produzione e commercio alimentare, rafforzare gli ecosistemi urbani incrementando la biodiversità urbana e contrastando il cambiamento climatico[1].
A Roma, Zappata Romana dal 2010 indaga gli orti e i giardini quale azione collettiva di appropriazione dello spazio pubblico urbano e lo sviluppo di pratiche ambientali, economiche e sociali innovative. Le attività riguardano la ricerca sulle iniziative in atto dei giardini e degli orti condivisi, la promozione e la circolazione di esperienze e competenze, e la gestione dell’Hortus Urbis, un orto didattico condiviso con piante antico romane nel Parco regionale dell’Appia Antica. Come primo passo Zappata Romana ha realizzato una mappa on line degli orti e giardini condivisi romani basata su icone dove per ogni orto si apre una scheda con una foto e una descrizione, che ha rappresentato le molte esperienze sul territorio da frammenti verdi come un paesaggio urbano coerente, parti di una totalità urbana con una “psico-geografia” alternativa e una nuova coscienza urbana[2]; ha raccolto le interviste dei protagonisti di alcune di queste storie; ha realizzato un manuale pratico disponibile in inglese e italiano[3]; ha organizzato momenti di confronto e discussione come nel 2019 chiamando realtà differenti cittadine a confrontarsi sul giardinaggio urbano a partire dal libro “Urban gardening and the struggle for social and spatial justice” curato da Chiara Certomà con Susan Noori e Martin Sondermann, edito dalla Manchester University Press.
Nel Bilancio Partecipativo 2019 di Roma Capitale, Zappata Romana ha presentato un progetto dal titolo “Coltiviamo la città, un orto per quartiere” risultato il secondo progetto più votato da attuarsi nel corso del 2020. Il Comune di Roma ha verificato la fattibilità del progetto stanziando un budget di 550 mila euro. Il rischio è che il progetto sia attuato senza partecipazione dei cittadini e delle realtà territoriali, come mera opera pubblica. Da qui la decisione di promuovere una raccolta firme per un appello indirizzato alla Sindaca di Roma affinchè il progetto sia inserito in una politica pubblica di più ampia portata e preveda il coinvolgimento dei Municipi, procedure trasparenti nell’attribuzione di aree alle associazioni e il coinvolgimento delle comunità locali attraverso la partecipazione. Gli orti possono essere strumenti che costituiscono efficaci utensili affini alla proposta del Forum Disuguaglianze e Diversità relativamente ai punti 8 “Strategie rivolte ai luoghi” e 10 “Orientare gli strumenti della sostenibilità ambientale a favore dei ceti deboli“[4]. In questo senso prendono corpo e si rafforzano le necessità di considerare il giardinaggio urbano quale pratica da inserire in un contesto più ampio, adattando l’intervento sui bisogni delle comunità e sui singoli luoghi al fine di mitigare le ingiustizie spaziali e ambientali contribuendo a promuovere, il senso di comunità, stimolare la coesione sociale, sperimentare modelli innovativi di produzione e gestione dello spazio pubblico, oltre a reti alternative di produzione e commercio alimentare, rafforzare gli ecosistemi urbani incrementando la biodiversità urbana e contrastando il cambiamento climatico.
[1] Chiarà Certomà, Silvia Cioli, Luca D’Eusebio, Documento: COLTIVARE LA CITTA’, SPAZIO PUBBLICO, CITTADINANZA ATTIVA, NUOVE ECOLOGIE URBANE. Breve sunto con immagini e testi dell’incontro tenutosi venerdì 14 Giugno 2019, presso la ex Cartiera Latina, sede del Parco Regionale dell’Appia Antica, Via Appia Antica 42/50. Roma 25.10.2019
[2] Mathews Stanley, “Zappata Romana” and Spontaneous Urbanism in Rome, Northeast Modern Languages Conference Rochester, New York, 2011
[3] Silvia Cioli, Luca D’Eusebio, Aandrea Mangoni “Come avviare un’orto o un giardino condiviso”, Terre di Mezzo editore, 2012
[4] Forum Disuguaglianze Diversità, Rapporto 15 proposte per la giustizia sociale”, casa editrice Il Mulino
*Silvia Cioli è architetto, Environmental ad hoc Expert di Urbact, cofondatore di Zappata Romana e coordinatrice dell’Hortus Urbis, cofondatore di studioUAP. Si occupa di ambiente, capacity building, agricoltura urbana, spazio pubblico, partecipazione.
Luca D’Eusebio, architetto, cofondatore e presidente di Zappata Romana e cofondatore di studioUAP. E’ Professore a contratto in Urbanistica e Pianificazione del Paesaggio all’Università La Sapienza di Roma e all’Università di Roma Tre . Si occupa di agricoltura urbana, spazio pubblico, partecipazione e urbanistica tattica.