Oggi le Assemblee dei Cittadini sono una vera palestra della democrazia: una modalità deliberativa di coinvolgimento dei cittadini che si sta diffondendo rapidamente e che rappresenta un’opportunità per rivitalizzare le forme democratiche. Agnese Bertello racconta dello strumento a partire da due esperienze francesi: la Convenzione dei cittadini per il clima e la Convenzione dei Cittadini sul Fine Vita
Come intervenire per ridurre le emissioni climalteranti entro il 2030? Quale futuro vogliamo per l’Europa? È necessario far evolvere la legge francese sul fine vita? Occorre legalizzare l’aborto in Irlanda? Questi sono solo alcuni dei temi spinosi sui quali, di fronte all’impasse della politica tradizionale, alcuni paesi hanno scelto di sperimentare nuove strade aprendosi così a esperienze di democrazia deliberativa. Diversi gli strumenti possibili, ma in questi ultimi anni ce n’è uno in particolare che si è rapidamente diffuso un po’ in tutto il mondo proprio per affrontare tematiche di questo tipo – argomenti conflittuali, difficili da maneggiare, temi su cui spesso le proposte di legge slittano di legislatura in legislatura mentre il mondo reale avanza: sono le Assemblee dei Cittadini.
La ragione di questo successo sta, a mio avviso, proprio nel suo meccanismo di funzionamento, particolarmente adatto ai tempi che viviamo, a questa epoca della complessità. In estrema sintesi, funziona così. Un soggetto istituzionale indice un’Assemblea di cittadini chiedendo che questa si esprima in merito a un determinato tema e formula al riguardo una domanda o una richiesta precisa. Il meccanismo si mette in moto con la costituzione del gruppo di cittadini che saranno il cuore dell’Assemblea: si tratta di un gruppo di cittadini estratti a sorte, il più possibile rappresentativo della popolazione di riferimento, che dovrà lavorare insieme per un periodo di tempo definito ed esprimere alla fine un parere in merito al tema specifico. Perché i cittadini possano esprimersi in maniera informata e consapevole, si organizza un processo articolato in 3 fasi: apprendimento, deliberazione, elaborazione della proposta. Incontri con esperti che mettono a disposizione il loro sapere sui diversi aspetti scientifici, economici, sociali, si susseguono a incontri con testimoni e soggetti direttamente coinvolti: i cittadini possono cioè sia ascoltare le voci di parte, di chi è direttamente coinvolto, sia acquisire le conoscenze di fondo necessarie per orientarsi liberamente. Soprattutto, però, i cittadini avranno modo di confrontarsi tra loro e perché questo scambio sia efficace, un gruppo di facilitatori e di esperti di deliberazione, struttura una percorso che consente loro di parlarsi, spiegarsi, comprendere gli uni le ragioni e le preoccupazioni degli altri, essere consapevoli degli elementi conflittuali e dei punti su cui si è d’accordo, e di lì provare a sviluppare, e approvare con un voto finale, una riflessione condivisa che tenga conto dell’intero quadro emerso dal confronto. Questa riflessione finale, frutto dell’intelligenza collettiva, sarà consegnata alla fine del processo al promotore dell’Assemblea.
Un processo tutt’altro che semplice, ma che si rivela, e sono gli stessi cittadini a testimoniarlo, un’esperienza democratica di incredibile ricchezza. Ascoltando i protagonisti di queste esperienze, infatti, quello che emerge con costanza è la sensazione di essere stati realmente ascoltati, il piacere di partecipare alle scelte che riguardano il proprio paese, la soddisfazione di contribuire. Un’esperienza che segna e che si fa fatica a lasciarsi alle spalle, per rientrare nella normalità.
Quello che resta da capire è come questo, ma anche gli altri strumenti deliberativi, possano efficacemente innestarsi dentro le maglie della democrazia rappresentativa. Per spingere un po’ più avanti la riflessione su questo punto, mi pare interessante guardare un po’ più da vicino le due esperienze francesi, vale a dire la Convenzione dei Cittadini per il Clima, conclusasi nel 2020, e la recentissima Convenzione dei Cittadini sul fine vita, sviluppatasi tra dicembre 2022 e aprile 2023.
Entrambe le esperienze sono state organizzate dal CESE, Consiglio Economico Sociale e Ambientale, terza camera della Repubblica francese, che ha come missione specifica, rafforzata con la riforma del 2021, quella di promuovere la partecipazione dei cittadini.
Un piccolo inciso, ma significativo rispetto alla riflessione che stiamo cercando di fare, riguarda gli aspetti economici. Il CESE ha un budget annuale a disposizione per la conduzione di esperienze partecipative di circa 4 milioni di euro. Sebbene per il momento il budget consuntivo della CC sul Fine vita non sia ancora stato reso pubblico, val la pena evidenziare un dettaglio significativo: oltre alla copertura di tutte le spese (compreso eventualmente quelle per una babysitter), ai cittadini spetta un gettone di presenza (95 euro); non è così per esperti, garanti, membri del Comitato di governance, che non percepiscono alcun compenso.
Entrando nel merito, una differenza importante tra le due esperienze citate riguarda proprio l’impegno formalmente assunto a monte dalla politica. La prima esperienza, la Convenzione dei cittadini per il Clima, nasce a seguito della crisi dei Gilets Jaunes e si apre con un impegno molto forte da parte della politica: Macron chiede ai 150 cittadini che fanno parte del panel di elaborare delle proposte per “ridurre del 40% le emissioni climalteranti entro il 2030 in uno spirito di giustizia sociale” e dichiara pubblicamente che trasmetterà il risultato della Convenzione senza filtri al parlamento. Sostenuti da questo ingaggio così forte della politica, i cittadini lavorano alacremente, producono 149 proposte di legge che vengono valutate positivamente dagli esperti del settore: proposte coerenti, un piano efficace nel suo insieme, interventi che toccano diversi ambiti e mettono in discussione comportamenti, consumi, poteri. Le proposte però non arrivano senza filtro in parlamento, passano invece di commissione in commissione, sono oggetto di rimaneggiamenti, tanto che per “i 150”, che nel frattempo si sono costituiti in associazione, la legge Clima e Resilienza, che si richiama a quel lavoro, ha poco a che vedere con le loro proposte. Troppo radicali, si dice. La legge viene promulgata nell’agosto 2021: è un passo avanti, ma secondo molti non consentirà di raggiungere quell’obiettivo così chiaramente indicato nella domanda rivolta ai cittadini della Convenzione.
La Convenzione dei Cittadini sul fine vita, che si apre quasi due anni dopo, riparte da lì. La domanda ufficiale non è più quella di elaborare delle proposte di legge, ma di esprimere un parere in merito alla necessità di fare evolvere la legge sul fine vita in vigore in Francia, la legge Claeys-Leonetti. Nelle prime sessioni di lavoro, però, i cittadini, e questa volta sono ben 184, vanno diritti al punto: chiedono esplicitamente rassicurazioni in merito all’uso che sarà fatto del parere che redigeranno. Vogliono sapere perché nella Convenzione precedente è stata chiesto di elaborare delle proposte di legge e a loro no. Interrogano al riguardo la Presidente dell’Assemblea Nazionale durante un’audizione e il dibattito si scalda intorno al tema della legittimità.
I lavori vanno avanti 4 mesi, con un ritmo serrato: pronunciarsi su un tema certamente meno tecnico, ma non meno conflittuale, anzi, non è semplice. La Convenzione riesce nel suo intento di rappresentare nel documento finale tutti i punti di vista, gli elementi di disaccordo e quelli su cui invece si è trovata una solidissima base comune. Nel suo documento finale, la Convenzione chiede l’integrazione dell’eutanasia e del suicidio assistito nella legge sul fine vita, così come un impegno finanziario per rendere le cure palliative accessibili a tutti, ovunque nel paese. Se le proposte sull’aiuto a morire sono approvate con il 76% dei voti a favore, il documento nel suo insieme è approvato dal 92% dei partecipanti alla Convenzione.
Il 2 aprile 2023, in un incontro all’Eliseo, mentre ancora una volta le piazze sono in subbuglio (questa volta in gioco ci sono le pensioni) i cittadini consegnano il loro documento al Presidente. Macron annuncia una strategia decennale sulle cure palliative, una nuova legge sul fine vita, ispirata dal lavoro della Convenzione, entro l’estate, e il lancio di una terza convenzione dei cittadini. Bingo? È presto per dirlo.
Quello che si evince da questi due casi è che se il potere politico è chiamato a rispondere e a indicare in che modo prenderà in considerazione il parere espresso, il reale innesto di una Convenzione nella dinamica del confronto politico resta una scelta della politica stessa. Emerge però anche un altro elemento e cioè che le Assemblee dei Cittadini sono una vera palestra democratica: ogni esperienza porta con sé un qualche elemento di innovazione democratica. I cittadini, l’abbiamo visto, imparano in fretta: pongono domande sul loro ruolo, si appropriano dello strumento, oltre che del tema. Per queste ragioni, il moltiplicarsi di questo dispositivo può essere salutato come un elemento importante di rigenerazione della democrazia.