La pastorizia è da sempre la spina dorsale delle aree interne e montane. Promotori di un cambiamento culturale, i pastori stanno avviando un percorso di lavoro comune per proporsi come soggetti attivi sui tavoli nazionali e regionali in cui si decidono le politiche territoriali.
Ad Acceglio si è parlato di aree interne e pastorizia nel Forum Aree Interne 2018. L’occasione è stata offerta dalla sessione dedicata a “Sostenibilità e innovazione: la forza dei sistemi agroalimentari locali“. Se ne è parlato con Nunzio Marcelli per la Rete Appia, con Giovanni Filippini per l’Istituto Zooprofilattico Marche e Umbria, con Davide Pasut per Sozooalp Società per lo studio e la valorizzazione dei sistemi zootecnici alpini e con Marco Bassetto che ha portato l’esperienza di due aree Snai, Comelico e Agordino, che intendono puntare sul rilancio della pastorizia facendo leva sulle produzioni casearie e sulla valorizzazione anche a fini produttivi delle malghe.
Durante la sessione si è parlato di sostenibilità ambientale anche in termini di bilancio ecologico degli ecosistemi alpini e appenninici e di sostenibilità di tipo economico e sociale, come processi alla base del mantenimento della vitalità delle aree montane. L’obiettivo della sessione era quello di fare emergere a partire dalle esperienze presentate elementi utili al disegno di progetti e politiche maggiormente orientati alle esigenze di questi territori.
E’ emerso come le attività produttive in queste aree debbano fare riferimento a modelli di tipo estensivo e che rispettino l’equilibrio eco-sistemico e il bilancio ecologico degli ambienti naturali, spesso montani, in cui si svolgono. Sul fronte della valorizzazione vanno costruiti processi calibrati sulle potenzialità di queste aree e centrati sulla qualità in termini di valori organolettici e nutrizionali delle produzioni, ma anche sociali e ambientali, oltre che sul legame identitario con il territorio che li esprime. I relatori hanno evidenziato come il concetto di filiera corta rappresenti un’importante occasione per i piccoli produttori di accedere al mercato ma che per preservare questa caratteristica è necessaria un’innovazione sostanziale nella governance delle filiere, lo sviluppo di attività di collaborazione tra le imprese e la definizione di politiche agricole in grado di sostenere i diversi soggetti coinvolti in questi processi.
Tutti hanno concordato sulla necessità di una definizione di prodotto di montagna che travalichi il biologico, che non si presta per sua natura a incorporare il valore identitario dei prodotti di questi territori. Si è messo in evidenza come i tentativi di valorizzazione delle filiere locali debbano fare i conti con la realtà del tessuto economico presente nel territorio. In tal senso è stata citata l’esperienza dell’area Agordino, dove la presenza di una grande realtà manifatturiera, quale Luxottica, pur garantendo un elevato livello di occupazione nell’area, ha nel contempo determinato la fuoriuscita di molti lavoratori dal settore agricolo. Quest’area, che intende puntare soprattutto sulla valorizzazione del comparto caseario per mantenere viva l’agricoltura, sta pensando alla definizione di un’azione che contempli forme di agricoltura part-time, capaci di coniugare l’occupazione nel settore manifatturiero con pratiche agricole radicate nella tradizione locale.
Si è parlato dei comparti prioritari per queste aree ed è stato evidenziato come nell’Italia centrale e in molte aree alpine il comparto prioritario rimane ancora quello della zootecnia estensiva, per la sua rilevanza in termini di presidio, non solo produttivo ma anche territoriale e sociale, e la valenza in termini di biodiversità e sostenibilità ambientale. Molte sono tuttavia le criticità da superare in queste aree: lo scarso livello di conoscenza tecnica degli operatori agricoli, considerando anche l’età media elevata degli imprenditori del settore; la conseguente difficoltà di valutare le opzioni disponibili per il riposizionamento competitivo delle loro aziende; l’assenza di visioni strategiche in cui operano i partenariati pubblico-privati sui territori; la mancanza di un sistema per la conoscenza in agricoltura che sia in grado di dare consulenza più che assistenza, portando nel quadro le competenze necessarie; la difficoltà dei giovani ad entrare nel settore.
Qui il mancato sviluppo di capacità comunicativa e la difficoltà a cooperare hanno contribuito a determinare isolamento e invisibilità delle istanze e questa circostanza ha comportato anche un allontanamento dei gusti dei consumatori dei prodotti a filiera integrata a tutto vantaggio dell’agroindustria.
Si è preso atto anche dell’esistenza in ambito agricolo di ostacoli di natura normativa e pianificatoria (gestione della fauna selvatica, accesso alla terra, acceso ai pascoli) ed è stata segnalata l’improrogabilità di un confronto più ampio su questi temi, che implichi la rivisitazione dall’assetto della governance cui nei diversi contesti è demandata l’individuazione di soluzioni operative e affidi al livello centrale una funzione guida nella definizione di orientamenti normativi e indicazioni operative.
Le istituzioni centrali e regionali devono farsi carico inoltre di un ruolo di accompagnamento ai territori creando non semplici occasioni di confronto ma luoghi istituzionali di co-valutazione delle opzioni percorribili sui territori e di co-progettazione degli interventi necessari. Infine va avviata una riflessione su come portare nel quadro in maniera strutturata e mirata rispetto ai fabbisogni le conoscenze e le competenze necessarie a sostenere i processi di innovazione in agricoltura, pre-condizione allo sviluppo delle filiere agricole nelle aree interne e montane.
In questo scenario il governo centrale dovrebbe promuovere la definizione di modelli operativi di intervento condivisi tra i vari livelli di governo, in grado di fornire orientamenti utili alle amministrazioni regionali nel disegno delle misure e alle amministrazioni locali nell’utilizzo degli strumenti esistenti. Nel corso della sessione è stata avanzata l’ipotesi di avviare questo percorso attraverso la definizione di un progetto pilota per il comparto zootecnico nelle aree interne colpite dal sisma.