Sulla gestione dei servizi pubblici locali e il nucleare assistiamo a preoccupanti passi indietro. Il ForumDD ribadisce il suo impegno per “trattare i beni comuni come beni comuni” in quanto mezzi necessari per realizzare la giustizia sociale e ambientale
Noi del Forum Disuguaglianze e Diversità siamo convinti delle giuste ragioni che porteranno una larga fetta della società civile italiana il 12 giugno a mobilitarsi per “Beni comuni, acqua e nucleare: indietro non si torna!” Non si tratta di una ricorrenza rituale. Purtroppo. A dieci anni della vittoria referendaria, in cui la maggioranza degli italiani si è espressa per la difesa dell’acqua pubblica e per mantenere il nostro paese libero dal nucleare, vediamo di nuovo addensarsi disegni e prospettive preoccupanti.
Ci preoccupa che nel Piano di Ripresa e Resilienza nazionale figuri, nell’ambito delle leggi di riforma a favore della concorrenza, l’imposizione agli enti locali di giustificare il non ricorso alla privatizzazione (mediante concessioni ai privati) della gestione dei servizi pubblici locali. Un controsenso, perché si chiede che i beni comuni siano gestiti contro la loro natura, come beni privati di mercato. Le affermazioni contenute in questa parte del PNRR sono tanto più inconcepibili nel momento in cui lo stesso PNRR, nonostante la pericolosa deriva tecnologica a cui si ispira, rappresenta un’occasione storica per riqualificare, con le risorse disponibili, la gestione pubblica del servizio idrico, affrontando finalmente la messa in sicurezza ed efficienza della rete idrica e della depurazione, per un uso equo e sostenibile delle risorse idriche.
Ci preoccupano le dichiarazioni del ministro Cingolani che, come l’araba fenice, resuscita la prospettiva della fusione nucleare e tira fuori dal cilindro la praticabilità del mininucleare. Ridando così potere ai grandi player dell’energia mondiale, contro la tendenza al decentramento territoriale e alla democratizzazione dell’accesso all’energia, garantito dalle energie rinnovabili.
Due prospettive che riportano indietro la lancetta della storia dell’Italia, che oggi può valersi dei risultati di quei Referendum per non dover iscrivere nel suo debito i costi del decomissioning e che potrebbe sfruttare a pieno il beneficio delle molteplici esternalità positive, acquisite dal pensiero economico internazionale, secondo cui la gestione e il governo dei beni comuni può essere efficiente proprio quando è basato su accordi cooperativi nelle comunità di utilizzatori. E tra questi e gli altri stakeholder interessati. La democrazia economica, non il mercato, è la forma di gestione efficiente dei beni comuni.
Il ForumDD dedica il suo impegno alla lotta alle diseguaglianze e per la giustizia sociale e ambientale. E certamente la privatizzazione dell’acqua ed il nucleare rappresentano un’ulteriore espropriazione di potestà decisionale, di partecipazione e controllo da parte dei cittadini. L’uno e l’altro rappresentano un altro passo indietro nella gestione della salute pubblica, del cui indebolimento di questi anni abbiamo pagato pesanti conseguenze nella recente pandemia, e nell’esposizione al rischio, rispetto al quale sono sempre gli ultimi e i vulnerabili i più esposti.
Per noi la promozione e la difesa dei beni comuni, in cui energia e acqua rientrano a pieno titolo, rappresentano un terreno fondamentale di implementazione della giustizia sociale e ambientale, perché sono la garanzia che una ampia classe di beni, dall’acqua alle foreste e le spiagge, dal patrimonio paesaggistico a quello culturale, dalla rete idrica all’energia, a internet e alle altre grandi infrastrutture pubbliche, dal sistema sanitario al quello universitario, dai beni culturali alla ricerca di base, siano gestiti come “common”, cioè garantendone l’accesso a chiunque su base essenzialmente egualitaria (il che non significa non concordare, e quindi non chiedere, una tariffa o stabilire una regolazione dell’accesso in base alle possibilità e al bisogno). La connessione è essenziale, poiché questi beni comuni sono precondizioni per l’esercizio dell’eguale cittadinanza, sono beni sociali primari necessari per lo sviluppo dei piani di vita di ciascuno, sono risorse che costituiscono le precondizioni per la creazione della capacità per chiunque di realizzare gli obiettivi in cui consiste il benessere nelle varie sfere di sviluppo umano. Insomma non c’è giustizia sociale e ambientale senza beni comuni gestiti come tali, coerentemente alla loro natura di beni il consumo dei quali non può essere condizionato al pagamento di un prezzo di mercato.
Attaccare oggi i beni comuni è ancora più miope, perché la pandemia ci ha reso chiara la rilevanza dei beni comuni, quando è stato evidente che all’indebolimento della sanità pubblica corrispondeva il diffondersi di un “male comune”, contro il quale non c’era prezzo di mercato che potesse esser pagato per evitare l’infezione, e quando si è capito il valore della vaccinazione come creazione del bene comune dell’immunità, il cui beneficio ricade su tutti. E al contempo si è visto lo scandalo della restrizione dell’accesso al vaccino per milioni di persone, dovuto alle limitazioni imposte dai brevetti che impediscono la diffusione dell’immunità come bene comune globale.
Il ForumDD ribadisce il suo impegno per “trattare i beni comuni come beni comuni” in quanto essi sono mezzi necessari al fine della giustizia sociale e ambientale. Rispettare oggi le decisioni popolari di dieci anni fa vuol dire dimostrare di aver imparato la lezione del Covid-19 e che oggi è possibile costruire “un futuro più giusto di prima”, fondato sull’intreccio virtuoso tra giustizia sociale e giustizia ambientale. Per farlo serve partecipazione e lungimiranza.