Il manifesto di Genova che osa nasce come un contributo alla formazione di una nuova cultura, che, sempre con Gramsci, è resa tanto possibile quanto necessaria dalla crisi.
Le crisi si caratterizzano, scriveva Gramsci, per la fine delle ideologie tradizionali. Il vuoto che viene a crearsi non è solo causa di smarrimento davanti ai cambiamenti che continuano naturalmente ad avvenire, ma è anche lo spazio in cui proliferano i “fenomeni morbosi più svariati”. Il manifesto di Genova che osa nasce come un contributo alla formazione di una nuova cultura, che, sempre con Gramsci, è resa tanto possibile quanto necessaria dalla crisi.
Genova che osa è nata tre anni fa come associazione progressista, che si occupa di politica. L’associazione opera lungo tre principali filoni: uno culturale dedicato alla ricerca e allo studio, l’organizzazione di comunità, l’iniziativa politica immediata tramite mobilitazioni fisiche e digitali.
L’ambito culturale è un aspetto cui abbiamo dedicato larga parte della nostra attenzione al punto di fondare un vero e proprio centro studi all’interno della nostra associazione, che ha al suo attivo due pubblicazioni, diversi dossier e una collaborazione con l’ateneo genovese, sempre allo scopo di approfondire e conoscere le questioni al centro della nostra azione politica, in particolare i temi delle disuguaglianze, della povertà e del benessere.
All’inizio del 2019 abbiamo avviato un lungo percorso partecipativo per la stesura del manifesto, che si è concluso il 21 settembre con la sua presentazione. Il percorso ha visto la partecipazione di oltre duecento persone, lo svolgimento di sei seminari e di altri incontri e discussioni anche digitali. Il nostro lavoro e il manifesto partono da Genova perché Genova è un luogo di frontiera. Infatti, al pari degli altri medi centri urbani che sono stati insediamenti industriali nelle vecchie democrazie—forse più di tanti—Genova si trova ai margini più remoti delle trasformazioni globali e della crisi ambientale, ma allo stesso tempo ne è travolta con violenza.
Questa globalizzazione, la deindustrializzazione, la polarizzazione del lavoro sono fenomeni su cui la nostra città non ha alcuna capacità d’incidere, ma allo stesso tempo stanno determinando nella nostra città le conseguenze più estreme. Non solo, questi fenomeni sono andati a innestarsi sul senso comune della città, caratterizzato dalla più spiccata tensione alla conservazione degli interessi di un piccolo ceto la cui prosperità si basa sulle rendite finanziarie e immobiliari. Per tutto effetto, con il venire meno di una cultura delle forze progressiste organizzate che fosse capace di leggere e il cambiamento e agire su di esso, Genova è entrata in una sempre più ripida fase di declino.
Genova è una città divisa. Riteniamo che la questione della disuguaglianza abbia natura centrale. Le disuguaglianze tra ceti sono sempre più profonde: donne, giovani, anziani, stranieri, coloro che nascono nei quartieri periferici o a rischio ambientale sono gruppi condannati all’emarginazione senza chiare possibilità di riscatto. La situazione giovanile a Genova è particolarmente grave. Dal picco della crisi, 5 mila giovani lasciano la città ogni anno; l’emigrazione verso l’estero è aumentata del 610% ed è più intensa dai quartieri più benestanti. Chi nasce fuori Genova la rifugge, mentre chi nasce in città è costretto a rimanerci per condurre una vita povera di prospettive oppure, se ha alle spalle una famiglia con i mezzi e un percorso culturale che gli permette d’immaginare un futuro diverso, ad allontanarsi. La povertà materiale e immateriale taglia solchi sempre più profondi e, in una dinamica più seria rispetto a quanto non capiti in altre città simili in Italia ed Europa, allarga il divario fra chi ha e chi non ha. Così facendo, si lacera quel senso di un destino che, secondo Joseph Stiglitz, fonda la democrazia, in un impegno condiviso a estendere opportunità ed equità. A livello genovese, per quanto riguarda la nostra associazione, il manifesto orienterà la nostra azione politica: il pensiero, le proposte, l’organizzazione, i progetti, le attività. Di mese in mese, da adesso in avanti, svilupperemo un nuovo piano per dare concretezza al manifesto. Ne stiamo discutendo adesso uno sull’eredità per l’autonomia dei giovani, analogo alla proposta numero 15 del documento per la giustizia sociale presentato dal forum e a un’idea avanzata del senatore Cory Booker, candidato alle primarie presidenziali dei democratici negli Stati Uniti.
Più in generale, confidiamo che il manifesto, che presto completeremo con un manuale volto a sviluppare i ragionamenti anche con l’apporto di dati e ricerche, assieme a tutto l’apparato di studi che la nostra associazione ha svolto e svolgerà, possa essere anche sul piano nazionale il tassello di un percorso per condividere una nuova interpretazione del mondo e degli intenti politici. È in questo senso il contributo a una nuova cultura, il contributo da un luogo di frontiera alla costruzione di nuove lenti per interpretare i fenomeni in corso in modo sistematico e dei mezzi per condurre e orientare il cambiamento nel senso di un mondo più egualitario e più solidale.