Un nuovo articolo di Certomà e Martellozzo su Applied Geography misura la relazione tra giardinaggio urbano e ingiustizia sociale a Roma.
Gli effetti positivi di orti e giardini collettivi nel mitigare le condizioni di (ri)produzione della disuguaglianza e i conseguenti fenomeni di ingiustizia sociale, spaziale e ambientale sono ormai ampiamente riconosciuti e descritti dai ricercatori sociali (si veda – tra l’altro – il volume Urban gardening and the struggle for social and spatial justice recentemente presentato su questo sito). Tuttavia in un recente articolo apparso su Applied Geography ci siamo chiesti io e Federico Martellozzo: è possibile dimostrare anche da un punto di vista quantitativo l’esistenza di una relazione tra giardinaggio urbano e condizioni ingiustizia spaziale e ambientale? Per far ciò abbiamo scelto Roma come caso di studio dove ad oggi sono circa 220 le iniziative mappate dall’associazione che mette in rete tutti i progetti di ortisti e giardinieri urbani della capitale, Zappata Romana.
Foto 1: Il giardino di via dei Lauri, Roma, curato dai Giardinieri Sovversivi Romani (foto C.Certomà)
L’articolo parte dalla considerazione che i fenomeni di ingiustizia spaziale e ambientale sono complessi e di difficile definizione, e che ad essi possono essere associate molteplici variabili quali-quantitative. Richiamiamo il grande dibattito della geografia critica che fin dagli anni ’70 ha mostrato come gli spazi in cui le persone vivono (dal quartiere alla nazione) abbiano una grandissima importanza nel determinare le possibilità di accesso al reddito, alla ricchezza e alle opportunità in genere; e come una distribuzione spazialmente diseguale delle risorse economiche e sociali si sovrapponga sempre all’ineguale distribuzione del potere nella società. A questa teoria dell’ingiustizia spaziale dalla fine degli anni ‘80 si è accompagnata la riflessione sull’ingiustizia ambientale, secondo la quale esistono differenze significative di status socioeconomico tra coloro che vivono vicino a impianti pericolosi dal punto di vista ambientale, aree inquinate o soggette a disastri ambientali (anche di origine non antropica) e coloro che, invece, vivono in aree distanti. Partendo da questo contesto teorico, il nostro articolo propone un’analisi basata sull’utilizzo di Sistemi Informativi Geografici per valutare quante e quali tra le iniziative di giardinaggio urbano a Roma siano localizzate in aree caratterizzate da fenomeni di ingiustizia spaziale e ambientale, e quali siano le condizioni che hanno una maggiore rilevanza nello stimolare i cittadini ad armarsi di pala e piantine. Attraverso un modello di regressione spaziale lineare viene considerato il grado di sovrapposizione tra le molteplici variabili che in letteratura sono indicate come rilevanti nel determinare fenomeni di ingiustizia spaziale e ambientale, e la distribuzione del giardinaggio urbano, cercando di capire quale combinazione di queste variabili possa meglio spiegarne la distribuzione sul territorio. I risultati quantitativi confermano che il giardinaggio urbano a Roma emerge come risposta a condizioni di ingiustizia spaziale e ambientale, e mostrano come la relazione tra i due fenomeni sia determinata per lo più da variabili socioeconomiche (come l’accessibilità ai servizi sociali e pubblici, il valore degli immobili, il livello di ricchezza delle famiglie ecc.).
Foto 2: Livello di significatività delle variabili sociali, economiche e ambientali considerate (si veda articolo)
Contrariamente a quanto una diffusa interpretazione ha suggerito finora anche in ambito accademico, un giardino condiviso o un orto collettivo hanno motivazioni ed effetti ben più ampi della mera creazione (di per sé comunque auspicabile) di aree verde nella città. Piuttosto, quando intervengono nell’organizzazione pratica dello spazio pubblico e della governance urbana, tali iniziative rispondono prima di tutto a bisogni sociali che affondano le loro radici nelle profonde disuguaglianze (in termini di distribuzione e accesso alla ricchezza, ai beni comuni e alle opportunità) che affliggono le città anche nel Nord del mondo.