Come hanno scritto ieri Sabina De Luca e Fabrizio Barca su Avvenire, come Forum Disuguaglianze e Diversità, abbiamo più volte sollecitato il Governo, anche insieme ad altri soggetti, ad impegnarsi per consentire un vero monitoraggio civico. Non abbiamo ottenuto nessuna risposta. In questa nota spieghiamo più in dettaglio che poter consultare e usare le informazioni che riguardano le misure e i progetti del PNRR, oltre a essere una precisa richiesta dell’Europa, è condizione per il suo successo e una questione cruciale per la giustizia sociale
A ormai quasi un anno dall’approvazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza da parte del Consiglio Europeo, a più di un anno (gennaio 2021) dall’invio delle nostre prime osservazioni, è ormai tempo di riconoscere e denunciare che la chiusura, l’assenza di dialogo sociale che ne hanno caratterizzato la costruzione permangono inalterati, con poche attenuazioni. Ne esce confermata non solo la mancanza di trasparenza, ma anche una grave sottovalutazione dell’importanza del più ampio coinvolgimento e mobilitazione di tutte le energie e saperi utili ai fini del suo successo. Una sottovalutazione che permane nonostante le pur chiare indicazioni delle istituzioni comunitarie all’apertura del Piano, motivate dalla necessità di assicurare quella responsabilizzazione dei soggetti interessati ritenuta essenziale per conseguirne i risultati.
Sin dall’avvio delle attività di elaborazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, abbiamo sottolineato l’importanza del dialogo sociale nella sua costruzione affinché potessero essere raccolti e utilizzati i saperi diffusi espressi dal mondo della cittadinanza attiva, del lavoro e delle imprese, nonché dai centri di competenza nazionali che producono conoscenza utile per le politiche. E abbiamo indicato nel metodo del confronto aperto, informato, ragionevole e acceso, la chiave per aprire e sviluppare questo dialogo, a garanzia non solo della trasparenza, ma anche della qualità ed efficacia delle scelte da adottare.
Il Piano è stato inviato a Bruxelles senza che questa sollecitazione venisse raccolta. E questo, nonostante la sempre più insistente e diffusa richiesta, espressa da più e più parti.
Pur rimarcando la gravità di questa chiusura, abbiamo intravisto ancora ampi spazi per un cambio di direzione e ne abbiamo dato conto nelle valutazioni espresse, nel maggio 2021, quando abbiamo indicato, nel “monitoraggio accessibile e di alta qualità….procedurale, finanziario e fisico, usabile da tutte le organizzazioni della società..” tale da consentire di “…avere informazioni pubbliche su ogni stadio del processo attuativo del Piano…” di “conoscere tempestivamente obiettivi, tempi, responsabili, stati di avanzamento di ogni riforma e di ogni dato progetto in ogni dato luogo..” lo strumento per recuperare nella fase di specificazione e declinazione operativa delle scelte, nella messa a punto dei meccanismi attuativi, il dialogo sociale sino allora mancato.
Nessuna impegnativa innovazione sarebbe stata richiesta potendosi ben fare riferimento a piattaforme ed esperienze di monitoraggio da tempo sviluppate nel nostro Paese, basate sull’accessibilità, apertura, interoperabilità, riusabilità e georeferenziazione delle informazioni.
Non solo: un passo deciso in questa direzione avrebbe consentito di dotarsi degli strumenti appropriati per dare seguito alla Raccomandazione formulata dal Consiglio Europeo nella Decisione di approvazione del Piano italiano: “Per garantire la responsabilizzazione dei soggetti interessati, è fondamentale coinvolgere tutte le autorità locali e tutti i portatori di interessi, tra cui le parti sociali, durante l’intera esecuzione degli investimenti e delle riforme inclusi nel Piano.” Una Raccomandazione che nel mettere in luce chiaramente una delle principali finalità (responsabilizzazione) del coinvolgimento auspicato (e sino allora mancato), ha concrete implicazioni in termini di strumenti e pre-condizioni per rendere fattibile questa responsabilizzazione. Va da sé, che senza adeguate e tempestive informazioni sulla programmazione delle risorse, sulle riforme, sulle procedure di attivazione dei progetti, sulla spesa, sulle realizzazioni, sui risultati raggiunti, essa non potrà mai avere luogo, di certo non con la sistematicità e pervasività necessaria.
Nel luglio 2021 abbiamo intravisto un possibile cambio di passo nell’impegno assunto con il Decreto Governance[1] di una “valorizzazione del patrimonio informativo relativo alle riforme e agli investimenti del PNRR anche attraverso lo sviluppo di iniziative di trasparenza e partecipazione indirizzate alle istituzioni e ai cittadini”. Assieme all’Osservatorio Civico sul PNRR[2], abbiamo rivolto al Presidente del Consiglio e al Ministro dell’Economia formale richiesta di informativa e dialogo per conoscere e confrontarsi sulle modalità attraverso le quali onorarlo, avanzando anche proposte operative. Nessuna risposta ne è seguita, e il successivo rilascio, nel mese di agosto dello stesso anno, del sito Italia Domani, ha dato evidenza alla distanza esistente tra le informazioni rese così disponibili (pur se progressivamente affinate) e quelle necessarie per rispettare i requisiti abilitanti il monitoraggio civico.
Da qui la scelta, nell’ottobre dello stesso anno, di predisporre una nota tecnica, a cura del Forum Disuguaglianze e Diversità e dell’Osservatorio Civico del PNRR, indirizzata ai vertici della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, nella quale sono state puntualmente indicate le condizioni e specifiche tecniche per la messa a punto di un portale open-data, collegato al sito Italia Domani, pienamente rispondente ai requisiti necessari per abilitare il monitoraggio civico del Piano. Alla nostra lettera non è seguita nessuna risposta.
Ma nonostante alcuni passi, anche significativi, compiuti nella direzione del coinvolgimento dei cittadini nelle scelte del Piano (si pensi al rilancio e rafforzamento dell’istituto del dibattito pubblico sugli interventi infrastrutturali da parte del MIMS, o all’impegno da questi sostenuto per dare conto dei progetti finanziati), siamo ancora ben lontani dall’obiettivo. L’incomprensibile lentezza con cui procedono gli affinamenti del sito[3], la riluttanza a prendere in carico la svolta necessaria, pur nella relativa “semplicità” della sua attuazione, non lasciano più dubbi sulla sostanziale assenza di volontà di coinvolgere la cittadinanza. Non importa, se tale coinvolgimento è chiesto dall’Europa stessa.
I costi di questa scelta non saranno di poco conto. Per conseguire risultati non basta l’intervento delle amministrazioni. Servono circolazione e sistematizzazione di saperi diversi, mobilitazioni di alleanze che alimentino le scelte con le loro conoscenze esperte, ne sostengano l’attuazione individuando per tempo rischi ed ostacoli, correggano rotte sbagliate, incalzino le amministrazioni quando necessario, promuovano la valutazione dei risultati raggiunti, per trarne le lezioni utili al miglioramento delle politiche.
In questi primi mesi di attuazione del Piano, non sono mancati gli esempi delle potenzialità legate alla sua apertura, ma sono esempi frutto di una grande proattività da parte dell’associazionismo[4] e/o disponibilità di amministratori/zioni più avvertite e lungimiranti. Nulla che possa sostituire quell’impegno politico e istituzionale convinto e sistemico senza il quale queste pur generose iniziative rischiano l’isolamento e la reversibilità, non fosse altro per la difficoltà di inseguire un treno il cui percorso non è dato di conoscere.
È di questi giorni la notizia che il lieve miglioramento intervenuto di recente nella messa a disposizione di informazioni da parte del sito Italia Domani, ha consentito ad Open Polis di mettere a punto una piattaforma web, libera e gratuita, che mette a valore quanto oggi conoscibile dello stesso. Un chiaro segnale di impulso e messa a disposizione di capacità per rendere fattibile il monitoraggio civico. Un passo importante, che tuttavia, da solo, non potrà mai superare il muro della mancanza di informazioni con il dettaglio, il formato e la tempestività necessarie per seguire la vita dei singoli progetti e animarne la costruzione e attuazione.
Per quanto severo non possa che essere il nostro giudizio, ne usciamo rafforzati nel convincimento che si debba proseguire nel lavoro misura per misura, progetto per progetto, là dove sappiamo, per far sì che i fondi raccolti a debito da noi italiani e da altri cittadini europei vengano utilizzati luogo per luogo non solo per “fare spesa” ma per cambiare servizi e rimuovere gli ostacoli alla vita delle persone.