“Subito un’infrastruttura europea per l’innovazione biomedica come bene pubblico”. Si tratta di un investimento trentennale nel segno di un nuovo ruolo della UE e della rinuncia delle imprese private alle esclusive brevettuali. [Questo articolo è stato pubblicato su TPI il 17 dicembre 2021]
È stato presentato ieri al Parlamento europeo la proposta di Massimo Florio di un’infrastruttura europea per i farmaci, idea che nel Rapporto “15 Proposte per la giustizia sociale” del 2019 del Forum Disuguaglianze e Diversità trovò una prima pubblica manifestazione.
Con la crisi Covid-19 la necessità di questo passo è divenuta eclatante. Infatti, i numeri parlano di un 43.2% della popolazione mondiale che al 9 dicembre non aveva ricevuto neppure una dose di vaccino, per un totale di 3,4 miliardi di persone. Se preoccupa il dato globale, in Africa l’89% della popolazione non è ancora vaccinata, mentre il Covax – il meccanismo per distribuire vaccini a basso reddito – ha ridotto da 2 miliardi a meno di 1,4 miliardi la sua previsione di disponibilità a fine 2021. E se il costo di produzione dei vaccini più efficaci (Pfizer e Moderna) si aggira intorno a 1.20 dollari a dose, in Europa vengono venduti a 20-25 dollari.
La pandemia in tutto il mondo ha accresciuto le disuguaglianze e, in queste condizioni, è difficile vederne la fine: le statistiche dicono infatti che di questo passo si genereranno innumerevoli varianti, che dovranno essere rincorse con nuovi vaccini. La privatizzazione delle conoscenze sui vaccini è insostenibile, eppure un vaccino pubblico era ed è tuttora possibile: nel mondo vi sono capacità produttiva e standard adeguati di qualità.
La proposta di un’infrastruttura europea per i farmaci, contenuta nello studio di Massimo Florio (Università Statale di Milano) su richiesta del Parlamento Europeo, va proprio in questa direzione, con un investimento per trenta anni su un ampio arco di patologie, nel segno dell’…. CONTINUA A LEGGERE L’ARTICOLO SU TPI
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