Il progetto Debiti di vita del ForumDD è diventato oggetto di due tesi di laurea presentate lo scorso 12 dicembre all’Università Bocconi di Milano. Il racconto delle due tesiste
La disuguaglianza di ricchezza nella sua accezione più odiosa? Quella in cui condiziona la dignità di essere umano a tal punto da ridurlo in schiavitù. Con l’idea di indagare questa connessione, identificandola nella tratta degli esseri umani con particolare riferimento all’esperienza delle donne nigeriane che arrivano in Italia, il Forum Disuguaglianze e Diversità ha avanzato il progetto di ricerca “Debiti di vita” che mirava a individuare quali interventi e quali strumenti di sostegno al reddito e di supporto al reinserimento sociale e lavorativo hanno determinato una rottura della dipendenza dal circuito di sfruttamento e hanno consentito alle persone prese in carico di raggiungere la piena autonomia abitativa e lavorativa. Il progetto si proponeva di diffondere informazioni sul fenomeno tra la società civile, e di portarlo all’attenzione delle istituzioni e dei decision makers.
Grazie alla collaborazione tra il ForumDD e la Fondazione Franceschi, Sofia e Annaelena, due giovani studentesse del corso di laurea “Economics and Management of Government and International Organizations”, hanno incrociato il progetto e hanno approfondito due aspetti. Ad accompagnarle Carlo Devillanova, Professore di Economia Politica all’Università Bocconi di Milano e membro del ForumDD.
Le abbiamo incontrate subito dopo la brillante discussione delle loro tesi avvenuta poco prima di Natale.
“Io sono capitata nel progetto quasi per caso. Volevo fare la tesi con il Professor Devillanova proprio sul tema della tratta e lui mi ha proposto il focus sulla correlazione tra disuguaglianza e debito. Ho delle amiche che hanno lavorato in associazioni che si prendono cura di ragazze nigeriane, e ho accettato subito”. Una corsa contro il tempo per provare ad ottenere una borsa di studio che le consentisse di andare a conoscere da vicino le realtà che in Italia si occupano di tratta. “La borsa di studio della Fondazione Franceschi sarebbe scaduta di li a breve, ma ho presentato l’idea ed è andata bene.” Nel frattempo Annaelena, pugliese, era capitata sul sito del Forum e cercava ulteriori elementi per condire l’idea che le era venuta di lavorare su immigrazione e schiavitù. “Avevo 17 anni quando ho scoperto il tema della tratta, grazie a un’antropologa che lavorava sulla tratta delle donne nigeriane nel ghetto di Rignano Garganico in Puglia. Lì ho partecipato a un campo estivo e quell’esperienza mi ha particolarmente toccata”. Anche lei ha scritto al Prof. Devillanova per chiedere la tesi e ha saputo del lavoro in corso portato avanti da Sofia. “Le ho mandato una mail e a lei è sembrata subito un’occasione interessante poter viaggiare e fare le interviste insieme”.
L’argomento del resto si prestava tanti e diversi approfondimenti. “Io ho indagato di più l’aspetto delle associazioni che lavorano con le donne – mi racconta Sofia – e di come avvengono i contatti tra le ragazze e le unità di strada, che spiegano loro come uscire dalla tratta, ma anche come curarsi o rendersi autonome per sfuggire al controllo anche della propria famiglia. E’ stato bello e difficile. Le ragazze che abbiamo intervistato hanno passato in media in Italia due anni in schiavitù, ma alcune hanno vissuto anche 6 o 7 anni in queste condizioni. Un periodo lungo e l’intervento delle associazioni è determinante per convincerle a uscire da questa rete. Ho incontrato ragazze di ventitré, ventiquattro anni, mie coetanee, che sono arrivate in Italia a sedici anni facendo una vita completamente diversa dalla mia. E con mio grande stupore mentre facevamo questa ricerca dicevano a me e Annaelena che eravamo coraggiose a indagare questo fenomeno. Loro a noi, capisci? Io ho cercato solo di applicare i miei studi a qualcosa di concreto e che mi appassionava”. Annaelena ha approfondito il tema del background socio-economico delle donne e i motivi che le hanno spinte a partire e l’influenza dei familiari sul desiderio delle ragazze di affrontare il viaggio. L’obiettivo era anche capire se il debito da estinguere fosse anche familiare e non solo legato al viaggio. “Ho scoperto che tre donne erano state praticamente vendute dai familiari. In generale difficilmente riescono a scindere la loro volontà da quella della famiglia. Per loro è impossibile sottrarsi alla responsabilità di contribuire economicamente al contesto da cui provengono. E’ stato toccante sentire da loro quello che loro avevano vissuto e parlare con delle coetanee che avevano già dei figli, che avevano dovuto lasciare per poter assicurare loro una sopravvivenza dignitosa. Nonostante le difficoltà, nessuna di loro voleva tornare a casa. Tornare indietro sarebbe un fallimento, ed è inoltre impensabile poter affrontare il viaggio di ritorno, dopo l’esperienza del deserto, della Libia e della traversata. E spesso la famiglia non può essere considerata un luogo sicuro”. Laurea fresca in tasca, entrambe non sanno ancora di preciso cosa le attende ma vorrebbero continuare a occuparsi di temi sociali. Sofia si immagina consulente del settore pubblico, “per aiutare la pubblica amministrazione a rendere migliori i servizi per le persone.” Annaelena ancora non lo sa ma non ha dubbi sul fatto che la sua strada è coniugare economia e cause sociali. “Da quando a diciassette anni sono stata in quel ghetto a Foggia, ho pensato a quali sono le cause delle enormi di disuguaglianze e delle grandi sofferenze che le persone vivono. Ho pensato che volevo studiare qualcosa che aiutasse a cambiare le cose, e casualmente ho concluso il mio percorso di studi con questa tesi”.
Ad Annaelena e Sofia un grande in bocca al lupo!