Ciascuno di noi consegna ogni giorno migliaia di dati personali alla rete. Informazioni che verranno usate contro di noi, a nostra insaputa, sul posto di lavoro, in banca, nei servizi pubblici, all’atto della richiesta di un mutuo. Non è il futuro prossimo, è un presente già possibile. Ecco qualche esempio di quello che, già oggi, accade.
Sto cercando lavoro e invio il mio curriculum. Chi lo esaminerà non sarà un impiegato dell’ufficio del personale, ma un’applicazione, un codice informatico che lo “valuterà” sulla base di criteri a me ignoti, e che sceglierà se ammettermi ad un colloquio successivo. Il più importante parametro sarà la valutazione, basata su correlazioni probabilistiche, del profilo personale ricavato dai dati acquisiti dalle piattaforme social da me usate, tipo Facebook, Instagram. Ad esempio: quali sono i video che preferisco? Quali i post per i quali esprimo approvazione? O prendendo informazioni da altre fonti: ho pagato sempre in tempo le rate del mio mutuo?
E se sono donna, e sto programmando una gravidanza, a questi dati si aggiungeranno quelli dei siti frequentati, che parlano di maternità, d’infanzia. Non solo correrò il rischio di non essere assunto/a, anche se ho le competenze adeguate, ma l’azienda può essere indotta a scartare un talento.
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