Nelle aree interne tante sono le terre disponibili e altrettanti gli aspiranti agricoltori: giovani, famiglie che si spostano dalla città alla ricerca di uno stile di vita maggiormente sostenibile, migranti in cerca di occupazione. La Strategia delle aree interne investe risorse in questi territori dove domanda e offerta possono facilmente incontrarsi e dare vita a opportunità di sviluppo.
In vaste aree del Paese si pone una grande questione di accesso alla terra da parte di soggetti nuovi, che chiedono di valorizzare un bene sottoutilizzato o del tutto in abbandono. Nell’agricoltura come nella zootecnia, da Nord a Sud, è emersa l’esistenza di terre pubbliche e private (e superfici forestali) scarsamente utilizzate o abbandonate, che potrebbero essere messe in valore e, soprattutto, è emersa una domanda di azioni pubbliche che siano capaci di sostenere la gestione e la creazione di imprese agricole, o l’ampliamento di quelle già esistenti.
L’attività di co-progettazione della Strategia Nazionale per le Aree Interne ha saputo intercettare persone capaci (per competenze, conoscenze e vocazioni) di esprimere una domanda e operatori privati impegnati nella sperimentazione di modelli di gestione e azioni di ricomposizione fondiaria.
Accanto alla domanda tradizionale di terra, infatti, è stata intercettata una domanda nuova, fatta di giovani agricoltori radicati sul territorio con strategie produttive che puntano sulla sostenibilità, la difesa del territorio e il miglioramento della filiera agricola; aziende di montagna interessate ad utilizzare terreni vicini alle loro proprietà, giovani e famiglie di provenienza non rurale spinti, oltre che dalla ricerca di occupazione, da progetti di vita ad elevato “investimento etico” (filiera corta, produzioni biologiche, agricoltura sociale, servizi socio-ambientali per i cittadini); lavoratori provenienti da flussi di immigrazione, a volte con competenze specifiche agro-silvo-pastorali; associazioni, gruppi auto-organizzati che promuovono attività innovative di agricoltura sociale.
L’indicatore che consente di valutare come è variata la porzione di territorio di un’area destinata alle produzioni agricole è la variazione della SAU (superficie agricola utilizzata)[1]. Le aree progetto della Strategia aree interne con la maggiore diminuzione di SAU tra il 2000 e il 2010 sono la Val Canale, in Friuli Venezia Giulia (-80,21 per cento), le Dolomiti friulane (-66,50 per cento), la Val di Lanzo in Piemonte (-66,04 per cento) e l’Alta Valle Arroscia in Liguria (-65,3 per cento) (fig. 1). Si tratta di aree che stanno completando il percorso progettuale, e che devono definire le singole azioni di intervento.
L’Alta Valtellina, area pilota della Regione Lombardia, presenta anch’essa una variazione percentuale di SAU significativa, pari a -44,8 per cento tra i due ultimi censimenti dell’agricoltura. Si tratta di un’area che ha focalizzato la sua strategia attorno al tema del Parco (Parco Naturale dello Stelvio), agendo attraverso quelle attività che hanno maggiori ricadute nella cura stessa del parco come l’agricoltura di montagna e la filiera bosco legno. Il sostegno all’attività agricola sarà realizzato attraverso due principali interventi: il primo in Valfurva dove, a lato del rinnovato Centro Visite Parco (Hub Laboratorio Alpino), è prevista la riqualificazione di una struttura esistente con l’obiettivo di realizzare una fattoria didattica che sarà gestita da operatori locali e servirà come punto di attrazione delle produzioni locali, agendo in rete con gli agricoltori e gli allevatori della zona; il secondo, a Sondalo, dove la riscoperta dell’attività agricola rappresenta un elemento caratterizzante delle iniziative promosse dal Comune e da un neocostituito gruppo di giovani agricoltori che si stanno impegnando in un progetto di autoimprenditorialità, prevede la riattivazione di una ex latteria sociale (cfr. Strategia Alta Valtellina). Si tratta di un’area che, nello stesso periodo di riferimento, ha registrato una variazione positiva dei conduttori agricoli al di sotto dei 39 anni (+20,6 per cento).
Diversamente dalla Valtellina, in Spettabile Reggenza (Veneto) la perdita di SAU (-37,05 per cento) va di pari passo con la diminuzione dei giovani conduttori agricoli (-39,5 per cento). L’agricoltura rappresenta una grande ricchezza per l’area, minacciata dalla mancanza del cambio generazionale e dalla sottoutilizzazione del patrimonio malghivo. Le malghe, per lo più di proprietà comunale, rappresentano una delle principali eccellenze del territorio, per il loro valore culturale e storico, ma anche per le potenzialità da un punto di vista economico e turistico. In quest’ottica, la strategia di area ha voluto contribuire alla valorizzazione del vasto e significativo patrimonio silvo-pastorale d’alta montagna (partendo da otto malghe), riqualificando i locali destinati alla produzione e migliorando la fruibilità da un punto di vista ricettivo. Al fine di incrementare la produzione, si investirà nel miglioramento degli spazi destinati alla trasformazione del latte in prodotti caseari, attraverso l’adeguamento dei locali di mungitura, per la lavorazione del latte e la conservazione dei prodotti caseari (cfr. Strategia Spettabile Reggenza).
In Alta Carnia, dove la perdita di SAU è del 23,92 per cento (e la perdita di giovani conduttori è modesta, pari al 12,79 per cento), la frammentazione boschiva è stata superata attraverso un’azione sul condominio forestale. Il condominio forestale lavorerà su un modello innovativo di rilievo e analisi delle foreste private per agire sulla ricomposizione fondiaria e la creazione di reti di impresa bosco-mercato, che possano portare a una gestione condivisa dei boschi. Inoltre, sarà incentivata la creazione di reti di impresa lungo i diversi segmenti della filiera (dalla prima trasformazione alla costruzione di abitazione, falegnameria, produzioni artistiche, marketing e pianificazione forestale) e le attività di commercializzazione, con azioni di informazione e orientamento per creare forme di collaborazione tra proprietari dei boschi, imprese di utilizzazione boschiva, trasformatori (cfr. Strategia Alta Carnia).
Il Sud-Ovest orvietano (Umbria), invece, a fronte di una significativa riduzione della SAU (-25,77 per cento) ha subito una drastica riduzione dei giovani conduttori agricoli (-54,02 per cento). La progettualità di area lega agricoltura e paesaggio in un’unica strategia di intervento per la “riqualificazione e valorizzazione del paesaggio e del sistema agricolo”. Al tal fine, si intende recuperare e rifunzionalizzare parte del patrimonio ambientale e degli elementi storici del paesaggio; supportare lo sviluppo di aziende agricole attraverso il sostegno alla diversificazione; recuperare le produzioni agroalimentari locali, obiettivo che sarà perseguito sul piano della formazione vitivinicola con il coinvolgimento dell’Istituto Agrario di Fabro (cfr. Strategia Sud-ovest orvietano).
Il peso dei conduttori agricoli giovani [2] nelle aree interne italiane è del 10,2 per cento (fig. 2). Sono circa trenta le aree progetto con valori al di sotto di questo valore medio: il Cilento interno in Campania (5,61 per cento), il Basso Sangro-Trigno in Abruzzo (5,71 per cento), il Sud Salento (6,05 per cento) sono le tre aree con le percentuali più basse.
In Appennino Emiliano (9,19 per cento di giovani agricoltori e diminuzione tra il 2000 e il 2010 del 45,45 per cento) la Strategia ha preso avvio dalla visione della montagna del latte, a partire dall’innovazione e dal rafforzamento strutturale della sua base primaria. “Innovare la commercializzazione del Parmigiano Reggiano, prodotto emblema del territorio, serve a sostenere la sua base primaria ma serve anche a far crescere nuove competenze professionali, più in linea con i profili formativi dei giovani scolarizzati” (cfr. Strategia Appennino Emiliano). Il progetto di area si sviluppa in due linee di azione che riguardano rispettivamente i network professionali nell’agroalimentare (riconoscimento delle imprese e delle cooperative agricole e forestali) in funzione delle strategie per l’internazionalizzazione del prodotto lattiero‐caseario e la formazione di nuove competenze (successione tra le generazioni) per il settore lattiero – caseario.
In Garfagnana-Lunigiana (regione Toscana), dove la percentuale di giovani agricoltori è del 10,62 per cento e la diminuzione è del 21,99 per cento, l’accesso alla terra ha riguardato il recupero delle terre a pascolo, in un’area che trova nell’allevamento zootecnico estensivo la sua vocazione principale. Il recupero produttivo delle aree a pascolo non utilizzate consentirà l’incremento di capi allevati e l’aumento delle relative produzioni. Saranno inoltre sperimentati sistemi di aggregazione partecipata dei terreni (Associazioni fondiarie). L’animazione territoriale, la progettazione di un piano di gestione dei terreni, gli investimenti in aziende zootecniche interessate dal piano di gestione dei terreni favoriranno l’accesso alla terra alle neo-formate associazioni. Sarà inoltre attivato un percorso di istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS) sui tempi della biodiversità e del paesaggio, strettamente legato al polo dell’Istituto tecnico Agrario di Fivizzano-Soliera, al Centro della biodiversità agraria di Camporgiano, al Polo Internazionale dello Sviluppo Rurale, all’Area MaB UNESCO del Parco dell’Appennino Tosco Emiliano [3].
Nelle Madonie (Sicilia), un’area ‘resiliente’ del Sud dove la percentuale di SAU è del 58,08 per cento (valore aumentato, nel 2010, del 9,65 per cento) e la presenza di giovani agricoltori è in linea con la media delle aree interne del paese (10,85 per cento, con una diminuzione del 3,26 per cento tra i due censimenti dell’agricoltura), la Strategia di area è stata interamente costruita attorno al tema dell’accesso alla terra. Con un’attività di ricerca-azione sarà realizzato un censimento attivo dei terreni incolti e abbandonati, pubblici e privati. La mappatura riguarderà terre private di famiglie che non possono continuare ad essere coltivate per assenza di ricambio generazionale, ma anche le aree pubbliche su cui ricadono usi civici che, ripensate come terre di comunità, possono permettere di sperimentare percorsi di innovazione sociale.
Saranno inoltre attivati percorsi, formativi formali e non formali, per rilanciare l’economia rurale e l’alimentazione sostenibile (Piano del Cibo), con azioni di supporto all’inserimento lavorativo, al lavoro autonomo e alla creazione di impresa, per sostenere l’insediamento di giovani agricoltori. Il Piano del Cibo delle Madonie ha l’ambizione di affrontare i temi della sicurezza e della sovranità alimentare e “contribuire al cambio di paradigma dello sviluppo locale, spostando l’attenzione dal settore agricolo al sistema agroalimentare locale socialmente condiviso con la coralità delle comunità interessate al cibo, alla biodiversità e alla salute come valori e beni comuni di riproduzione della vita e dell’identità territoriale” (cfr. Strategia Madonie).